Il re Admeto era figlio di Fere, il re che aveva fondato la città con lo stesso nome, e di Periclimene o Climene. Era una persona molto ospitale e con un grande senso della giustizia. Partecipò alla caccia del Cinghiale Calidonio ed è noto perché il dio Apollo fu il suo servitore per un anno.
Ma come mai un mortale ebbe un così grande onore? In breve, la storia è questa: Apollo aveva un figlio, Asclepio, che era un talentuoso guaritore dotato (e che fu poi considerato il dio della medicina). Asclepio era tanto bravo, che poteva persino far risorgere i morti, e Zeus lo punì per questo, uccidendolo con un fulmine. Apollo non poteva fare nulla contro suo padre, e così uccise i Ciclopi che avevano fabbricato i fulmini di Zeus. Per questa ragione fu punito ad essere il servo di un mortale.
Admeto era ospitale e trattava tutti bene e con giustizia, e quindi Apollo, ammirato, decise di aiutarlo. Mentre faceva il pastore del re, decise di fare tutte le mucche a partorire dei gemelli e fece le capre dare tantissimo latte (non dimentichiamoci che Apollo era un dio protettore del bestiame).
Il re Admeto si innamorò di Alcesti, figlia di re Pelia. Siccome la ragazza aveva tanti spasimanti, re Pelia chiese loro di fare una cosa apparentemente impossibile: legare insieme al giogo un leone e un cinghiale. Apollo li imbrigliò, e Admeto li portò da Pelia, ottenendo così la mano della bella Alcesti.
Per il suo matrimonio, Admeto fece dei sacrifici a tutti gli dei, ma si dimenticò di Artemide. Ecco perché, quando gli sposi entrarono nella stanza nuziale, la trovarono piena di serpenti. Apollo dovette pregare la sorella di perdonare Admeto e, dopo che questi sacrificò alla dea, i serpenti scomparirono.
Ma l'aiuto più grande che Apollo diede ad Admeto fu quando riuscì ad ingannare le Moire per cambiare il destino del re: loro decisero che, al momento della sua morte, poteva salvarsi se riusciva a trovare qualcuno della sua famiglia disposto a prendere il suo posto. Così, quando Tanato venne a portar via Admeto, egli andò da sua madre e da suo padre e chiese loro di morire invece di lui (immagino abbia chiesto loro gentilment: "Senti, ma', sei comunque anziana, che ne diresti di morire al posto mio?"). Ma entrambi lo rifiutarono, poiché la vita era così dolce per loro, che non vollero morire prima del loro tempo.
Ci fu, però, una persona che accettò di morire: la moglie amorevole, Alcesti, che non volle che i figli restassero senza padre. Ora, dico io, che cosa sceglierebbe un eroe, colui che avrebbe partecipato più tardi alla caccia al Cinghiale Calidonio e alla spedizione degli Argonauti? Avrebbe lasciato che una donna si sacrificasse o avrebbe accettato da uomo il suo destino? Beh, ha accettato da uomo... il sacrificio della moglie.
Nella tragedia Alcesti di Euripide, Admeto promise alla moglie che non si sarebbe mai più sposato. Il giorno della morte della moglie, Eracle venne a trovare il re. Admeto ordinò a tutti di mantenere segreta la morte di Alcesti, per non turbare l'ospite con la triste notizia. Eracle però si ubriacò e allora uno dei servitori, arrabbiato per il suo comportamento, non potè più star zitto e gli disse la verità. L'eroe andò agli inferi e riuscì a riportare Alcesti in vita.
Admeto e Alcesti ebbero un figlio, Eumelo (uno dei pretendenti di Elena di Troia, il quale partecipò poi alla guerra di Troia) e una figlia, Perimele.
Ci sono molti che pensano che la storia d'amore di re Admeto e di Alcesti sia così romantica e bella, ma io ci vedo un personaggio egoista e vile. Voi cosa ne pensate?
Addio di Admetus e Alcestis - anfora rosso-figura etrusca, Vulci.